Mal di schiena e neuroplasticità: dalla disfunzione al recupero funzionale
- Luca Costanzelli
- 26 mag
- Tempo di lettura: 2 min

Il mal di schiena è una delle principali cause di disabilità a livello globale. Ma non sempre ha origine da lesioni strutturali visibili. Sempre più studi dimostrano che alla base del dolore cronico lombare o cervicale vi sono alterazioni della neuroplasticità, ovvero modifiche nel modo in cui il cervello e il midollo spinale elaborano e interpretano il segnale corporeo.
Questa visione cambia radicalmente l’approccio terapeutico: non si lavora solo “sulla schiena”, ma sul sistema nervoso che la controlla.
Dalla lesione alla disfunzione centrale
In molti casi, anche dopo che un danno tissutale è guarito, il dolore persiste. Questo accade perché:
Le aree corticali che rappresentano la schiena diventano meno definite
Si creano schemi motori protettivi e rigidi
Il sistema nervoso centrale amplifica il segnale doloroso (sensibilizzazione centrale)
Il risultato? La persona si muove meno, in modo più rigido, con compensi e paure che perpetuano il dolore.
Neuroplasticità: un’opportunità per la riatletizzazione
La neuroplasticità non è solo un problema: è anche la soluzione. Il sistema nervoso è in grado di modificarsi in modo positivo, se stimolato correttamente. Questo significa che:
È possibile ridefinire la mappa corporea a livello corticale
Si possono ristabilire schemi motori funzionali
Il dolore può ridursi attraverso il movimento e l’educazione
Strategie pratiche per il recupero funzionale
Un percorso efficace per il mal di schiena cronico deve includere:
Educazione sul dolore, per ridurre la paura e la catastrofizzazione
Esercizi di controllo motorio, per recuperare schemi di movimento precisi
Movimento variabile e progressivo, anche in presenza di lieve dolore
Lavoro sulla respirazione e sulla regolazione del tono, per influenzare il sistema nervoso autonomo
Brain-Based Training, per stimolare i centri corticali legati al controllo posturale
L’importanza dell’approccio integrato
Non esiste un’unica tecnica risolutiva. L’intervento deve essere multimodale, centrato sulla persona, adattato alla fase e al livello di disfunzione. Tecniche passive (come terapia manuale o dry needling) possono essere utili, ma devono essere accompagnate da un lavoro attivo, educativo e neurocentrico.
Conclusione:
Il mal di schiena cronico è una condizione complessa, ma non immutabile. Grazie alla neuroplasticità, è possibile invertire il processo di disfunzione e recuperare mobilità, controllo motorio e benessere. Serve un cambio di paradigma: dal trattamento del sintomo alla rieducazione del sistema nervoso.